
Egregio Provveditore,
questa O.S. lungi dal voler infiammare gli animi con polemiche ridondanti, alla luce dell’ultima aggressione alla collega da parte di una detenuta psichiatrica (la collega è stata refertata presso l’ospedale cittadino con una prognosi di 10 giorni), chiede quali siano le misure che saranno adottate nel breve periodo per la gestione di quel reparto così delicato. Le esperienze pregresse, per cui più volte il SiNAPPe ha affrontato la tematica nel distretto denunciando le varie carenze e criticità, hanno insegnato che l’assenza di progettualità corrode la tempra anche di chi è sano di mente, polverizza anche quel pizzico di pazienza che l’utenza possa avere. Soprattutto in estate, complice probabilmente anche il caldo o un dilazionarsi dei tempi per qualsiasi cosa, è facile per questi soggetti già fragili andare in escandescenza anche per delle sciocchezze. Concepire il carcere come un contenitore dove, di tanto in tanto, buttare qualche briciola di speranza non sta portando da nessuna parte. Anzi, ad oggi, alla Dozza, nel reparto di cui trattasi non essendoci sinergia tra le varie aree e in assenza di un impegno concreto di quella che più di tutte dovrebbe spendersi per le detenute si è assistito ad un peggioramento della vita detentiva da una parte e lavorativa dall’altra
con risultati sconcertanti sia sul fronte terapeutico per l’utenza che motivazionale per gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria. Il carcere è fatto per i detenuti ma a tenerlo in piedi, è bene ricordarlo e sottolinearlo, è la “manovalanza in divisa”. Se non si rinforzano i pilastri crollerà tutta la struttura. Non è più il tempo delle pacche sulle spalle. Ogni singolo/a poliziotto/a ha necessità di sapere che quando si presenta un problema va risolto subito e senza temporeggiare.
Le aggressioni in sè e gli sputi ricevuti sono meno offensivi del silenzio alle tante risposte che si attendono da mesi ormai.