
Egregio Direttore,
la scrivente organizzazione sindacale ritiene necessaria e doverosa una riflessione sull’avvenuta apertura, tra l’altro senza preavviso né indicazioni impartite al personale, del reparto Girasole, destinato ad accogliere recluse con disagio psichico. Va innanzitutto sottolineato l’amarezza e lo scoraggiamento nell’aver appreso dell’apertura del reparto con già appurate e dichiarate assenze di figure sanitarie necessarie, indispensabili ed insostituibili alla gestione di soggetti con caratteristiche peculiari particolari.
Il reparto in discussione reclama l’applicazione di precisi protocolli di organizzazione e conduzione che, in assenza di tali figure, in tutto l’arco della giornata ed anche per più giorni consecutivamente, impegna quotidianamente e costantemente il personale di Polizia Penitenziaria a sopperire alle carenze di intervento e trattamento.
Non abbiamo competenza sanitaria per cui è a dir poco inaccettabile che l’azione gestionale ed organizzativa nonché gli interventi sanitari possano essere delegati al personale dell’area sicurezza. Sarebbe stato opportuno, quindi, che fossero state date delle linee guida alla Polizia Penitenziaria ivi operante, fornite soprattutto con la costante presenza di professionisti competenti nella cura di soggetti così fragili e problematici.
Il servizio psichiatrico in carcere non rappresenta un’area a se stante, ma s’inscrive nella complessità dell’intervento sanitario intracarcerario. Il “diritto alla salute” è un concetto che esprime la garanzia di una pluralità
di situazioni soggettive assai differenziate (Corte Costituzionale 433/1990).
La tutela della salute della persona reclusa assume, inoltre, una valenza positiva in relazione all’art.27 della Costituzione, terzo comma. Tale articolo, infatti, secondo il principio dell’umanizzazione e della funzione rieducativa della sanzione penale, impone una concezione della pena non meramente retributiva e preventiva, ma attenta ai bisogni umani del condannato in vista del suo possibile reinserimento sociale.
Proprio la mancanza del personale dell’Area Sanitaria è vissuta con forte disagio dalla popolazione detenuta e, contestualmente, per logica consequenzialità, diventa fattore di rischio per l’incolumità del personale di Polizia Penitenziaria operante presso quelle sezioni detentive con il verificarsi di aggressioni da parte dei detenuti che vedono nel poliziotto penitenziario l’unica figura sempre presente su cui scaricare la propria rabbia e la propria tensione.
Problematiche queste già sollevate dalla scrivente segreteria SiNAPPe e che non hanno trovato soluzione.
L’assenza, voluta, casuale o temporanea (non è dato saperlo e sul punto si chiedono chiarimenti e delucidazioni) di un presidio psichiatrico h 24 nel reparto Girasole, riporta, a giudizio di chi scrive, ad un parallelismo infelice, vissuto non moltissimi anni fa in cui la malattia mentale veniva trattata in modo grossolana e brutale se non addirittura negata.
Oggigiorno il concetto di malattia mentale è molto più articolato per cui recludere delle persone con un disagio psichico, senza una progettualità, senza impegnare la loro mente, senza canalizzare la loro emotività con l’aiuto costante di addetti del settore non fa che riportarci a quel periodo. La malattia psichica è fonte di sofferenze non meno della malattia fisica ed è appena il caso di ricordare che il diritto fondamentale alla salute ex art. 32 Cost., di cui ogni persona è titolare, deve intendersi come comprensivo non solo della salute fisica, ma anche della salute psichica alla quale l’ordinamento è tenuto ad apprestare un identico grado di tutela.
Le patologie psichiche possono aggravarsi ed acutizzarsi proprio per la reclusione: la sofferenza che la condizione carceraria inevitabilmente impone di per sé a tutti i detenuti si acuisce e si amplifica nei confronti delle persone malate, sì da determinare, nei casi estremi, una vera e propria incompatibilità tra carcere e disturbo mentale che non può assolutamente interrompersi nel weekend quando, parrebbe, che nessuna figura psichiatrica sia presente e a disposizione delle detenute del reparto Girasole.
Questa O.S. si augura che gli “ultimi” non siano considerati tali, a maggior ragione da un’istituzione statale, e che si dimostri, con un cambiamento di rotta, di essere effettivamente un Paese civile in cui i bisogni dei “disperati” vengano trattati e valutati in maniera armonica e sinergica da tutti i settori SEMPRE e non a momenti, giorni o fasi alterne così da attribuire diritti e dignità ad essere umani da molti considerati “vite da scarto”.
In attesa di riscontro, si porgono distinti saluti