
Onorevole Ministro, è a tutti noto il tragico evento che nei giorni scorsi si è verificato presso il penitenziario di Palermo Pagliarelli, ove un giovane detenuto ha scelto di porre fine alla propria esistenza. Parliamo di un detenuto “difficile” , con accertati problemi di natura psichiatrica, per la cui custodia, nei sei mesi di permanenza, sono sati attuati tutti i protocolli previsti dai regolamenti penitenziari (grande sorveglianza in sezione ordinaria, allocazione in sezione protetta, allocazione al reparto infermeria a seguito di gesti autolesionistici). Su indicazione dello psichiatra, ne è stato richiesto il trasferimento presso il circuito per minorati psichici, con interlocuzioni necessarie sia con le autorità giudiziarie competenti a rilasciare il nulla osta, sia con i competenti Uffici provveditoriali. Il trasferimento non è mai stato effettuato, mentre sono continuati – nella breve esperienza detentiva – i ricoveri e le dimissioni dalla psichiatria. È proprio dopo l’ennesima dimissione che il ristretto minaccia il compimento di gesti estremi al fine di non essere allocato in sezione comune, motivo per il quale viene, previo nulla osta sanitario, precauzionalmente allocato in stanza singola, formalmente in isolamento, ma a vita comune, senza alcuna delle restrizioni previste per tale regime, e con supporto continuo di operatori sanitari specializzati (psicologo e psichiatra). Una scelta che pare essere di equilibrio per il recluso che in occasione di visita ispettiva da parte del tribunale di sorveglianza in data 17 ottobre, invitato dall’interlocutore a valutare il ritorno a vita comune in sezione ordinaria, ripropone le minacce autolesionistiche in caso di allocazione diversa rispetto a quella in atto. Nel contempo continuano gli iter burocratici per il trasferimento al reparto psichiatrico che hanno trovato ulteriori fermi in diverse disposizioni operative connesse anche ad esigenze di giustizia. È la mattina del 4 novembre quando B.S. si toglie la vita tramite impiccagione, a tal uopo utilizzando i lacci delle scarpe. Gesto compiuto fra le ore 10.10 (a cui risale l’ultimo contatto fra il poliziotto di sezione) e le ore 10.25 (ora di ritrovamento del cadavere). A fare da scenario a questo triste episodio è il penitenziario di Palermo Pagliarelli, istituto che ospita oltre 2300 detenuti, circa 300 dei quali dichiarati psichiatrici affidati alla cura sanitaria di soli due psichiatri. Su una popolazione detenuta così vasta, il numero dei gesti autolesionistici che si registra è davvero importante e il personale palermitano dà continuamente prova della propria prontezza e della propria capacità professionale. Ma quei numeri difficilmente interessano la stampa, molto più solleticata da un gioco al massacro che tende a dipingere di tinte fosche il carcere e chi vi opera; e l’ennesimo esempio lo dà “Ristretti Orizzonti” con l’articolo citato in oggetto. Il presidente di “Antigone Sicilia” che sottoscrive l’articolo incautamente afferma “Un fastidio in meno per chi avrebbe avuto il compito di sorvegliare su di lui” per poi proseguire con una serie di domande (senza risposta) sulle cure apprestate al giovane psichiatrico, sollecitando ispezioni ministeriali. Ebbene, al di là di ogni diritto di espressione del pensiero, al dà di ogni diritto di cronaca e di critica, appare davvero gravemente lesivo di tutta l’istituzione carcere il tono e il “non detto” che è agevole leggere fra le righe del testo in commento. L’invito al silenzio (ove non si conoscano i contenuti degli atti) che Ella ha rivolto a chi ha commentato le iniziative assunte dal suo Ufficio in un recente caso di cronaca che ha interessato il penitenziario femminile di Rebibbia, vanno oggi doverosamente rivolte a chiunque voglia violentare l’immagine del Corpo, e più in generale delle Istituzioni, attraverso ricostruzioni dei fatti che non poggiano sul dato reale ma su mere congetture. L’articolo in commento e le illazioni che è capace di istillare nella testa del lettore non possono incontrare il silenzio né dell’Amministrazione, né dei Vertici politici del Corpo. Si agisca a difesa dell’immagine delle Istituzioni.
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