“E’ vero che non conosciamo ciò che abbiamo prima di perderlo, ma è anche vero che non sappiamo ciò che ci è mancato prima che arrivi”. Parafrasare Paulo Coelho per provare a capire cosa stia realmente accadendo nelle carceri italiane. Abbiamo chiesto più attenzione per il personale in prima linea perché temiamo l’imminente onda di piena del virus. E quando noi chiediamo più attenzione sul materiale di protezione non stiamo facendo polemica, stiamo solo pensando ai nostri poliziotti penitenziari che contrastano il contagio all’interno delle prigioni italiane. Ed i tamponi? La sanificazione degli ambienti e la disinfezione generale dei reparti detentivi e delle caserme agenti? Noi vorremmo, semplicemente, che si superasse la retorica dell’eroismo per garantire alle donne ed agli uomini del Corpo (a delle mamme ed a dei papà) in prima linea in questa complessa fase d’emergenza la salute e la cura. Evitare le occasioni di trasmissione del virus produce il duplice effetto di ridurre il contagio e di evitare che ad ammalarsi siano proprio coloro che si occupano della sicurezza della popolazione detenuta.
A cosa è valso il decreto “Cura Italia”? A cosa servono le disposizioni del Capo del Dipartimento? A nulla, se le mascherine continuano a giacere nei magazzini, se – nonostante i colloqui dei detenuti siano sospesi sino al prossimo 3 aprile – i familiari dei detenuti in molte realtà del Paese dal 23 marzo hanno avuto la possibilità di consegnare il pacco dei viveri. Ma i Direttori penitenziari ed i Comandanti di Reparto non avrebbero dovuto informare la popolazione “sull’importanza e sulle finalità dei provvedimenti” adottati dal governo perché l’invito a restare a casa non è soltanto uno spot televisivo meramente esortativo? Qualcosa non quadra se la consegna di un pacco viveri viene confuso con una situazione di necessità, se si consente la deroga in barba alle disposizioni che vietano gli spostamenti delle persone fisiche all’interno di tutto il territorio nazionale. Cosa si vuole dalla Polizia penitenziaria? Che fronteggi l’emergenza a mani nude? Che abdichi dal proprio compito istituzionale? In un momento così confuso e disarticolato anche le domande più retoriche e, per certi aspetti, finanche banali assumono un carattere fondamentale se non addirittura dirimente. Sono state date disposizioni diverse da quelle ufficiali ai Provveditori, ai Direttori ed ai Comandanti di Reparto? Il nostro compito, oggi, è quello di raccogliere certezze: agli uomini ed alle donne di cultura lasciamo quello di seminare dei dubbi. Oltre ogni ragionevole dubbio, si faccia chiarezza.
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COMUNICATO – “Le cose che stiamo imparando nella vita” – Gli ambigui silenzi e le omissioni dell’Amministrazione Penitenziaria
“E’ vero che non conosciamo ciò che abbiamo prima di perderlo, ma è anche vero che non sappiamo ciò che ci è mancato prima che arrivi”. Parafrasare Paulo Coelho per provare a capire cosa stia realmente accadendo nelle carceri italiane. Abbiamo chiesto più attenzione per il personale in prima linea perché temiamo l’imminente onda di piena del virus. E quando noi chiediamo più attenzione sul materiale di protezione non stiamo facendo polemica, stiamo solo pensando ai nostri poliziotti penitenziari che contrastano il contagio all’interno delle prigioni italiane. Ed i tamponi? La sanificazione degli ambienti e la disinfezione generale dei reparti detentivi e delle caserme agenti? Noi vorremmo, semplicemente, che si superasse la retorica dell’eroismo per garantire alle donne ed agli uomini del Corpo (a delle mamme ed a dei papà) in prima linea in questa complessa fase d’emergenza la salute e la cura. Evitare le occasioni di trasmissione del virus produce il duplice effetto di ridurre il contagio e di evitare che ad ammalarsi siano proprio coloro che si occupano della sicurezza della popolazione detenuta.
A cosa è valso il decreto “Cura Italia”?
A cosa servono le disposizioni del Capo del Dipartimento?
A nulla, se le mascherine continuano a giacere nei magazzini, se – nonostante i colloqui dei detenuti siano sospesi sino al prossimo 3 aprile – i familiari dei detenuti in molte realtà del Paese dal 23 marzo hanno avuto la possibilità di consegnare il pacco dei viveri.
Ma i Direttori penitenziari ed i Comandanti di Reparto non avrebbero dovuto informare la popolazione “sull’importanza e sulle finalità dei provvedimenti” adottati dal governo perché l’invito a restare a casa non è soltanto uno spot televisivo meramente esortativo?
Qualcosa non quadra se la consegna di un pacco viveri viene confuso con
una situazione di necessità, se si consente la deroga in barba alle disposizioni che vietano gli spostamenti delle persone fisiche all’interno di
tutto il territorio nazionale.
Cosa si vuole dalla Polizia penitenziaria?
Che fronteggi l’emergenza a mani nude?
Che abdichi dal proprio compito istituzionale?
In un momento così confuso e disarticolato anche le domande più retoriche e, per certi aspetti, finanche banali assumono un carattere fondamentale se non addirittura dirimente.
Sono state date disposizioni diverse da quelle ufficiali ai Provveditori, ai Direttori ed ai Comandanti di Reparto?
Il nostro compito, oggi, è quello di raccogliere certezze: agli uomini ed alle donne di cultura lasciamo quello di seminare dei dubbi.
Oltre ogni ragionevole dubbio, si faccia chiarezza.
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