Dopo un paio di giorni di polemiche contro le poco opportune parole rivolte dalla scrittrice Michela Murga al Generale Figliuolo, dopo la levata di scudi di alcuni nomi noti e dopo migliaia di immagini di uomini in uniforme che inondano i social in segno di solidarietà, non possiamo esimerci dall’effettuare un commento “sereno” dell’accaduto. Le parole di una scrittrice che associano nella memoria l’immagine dell’uniforme con le figure dittatoriali, rappresentano la fotografia di un’incultura diffusa relativa alle Istituzioni ed in generale allo Stato. Se nella mente dei più l’uniforme è sinonimo di garanzia e tutela, ancora trovano eco posizioni minoritarie per le quali l’iconica identificazione di un Corpo con l’uniforme che indossa rappresenta il “nemico da combattere”, colui che priva della libertà e non colui che sorveglia ed agisce per assicurare la libertà. In qualità di rappresentanti di lavoratori in uniforme, troppo spesso etichettati come “cerberi carcerieri” e troppo poco riconosciuti come polizia penitenziaria intesa come “polizia della giustizia”, riteniamo di offrire al Generale Figliuolo, ed in generale all’Esercito Italiano la solidarietà della Polizia Penitenziaria, riconoscendone l’alto profilo personale e professionale. L’auspicio è quello che si riesca a diffondere – prima o poi – una cultura dello Stato che conduca la totalità dei cittadini a riconoscerne l’alta valenza delle sue Istituzioni e dei suoi rappresentanti.
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Il caso “FIGLIUOLO” e le inopportune parole di MURGIA! Si.N.A.P.Pe: si punti sulla “cultura dello Stato”!
Dopo un paio di giorni di polemiche contro le poco opportune parole rivolte dalla scrittrice Michela Murga al Generale Figliuolo, dopo la levata di scudi di alcuni nomi noti e dopo migliaia di immagini di uomini in uniforme che inondano i social in segno di solidarietà, non possiamo esimerci dall’effettuare un commento “sereno” dell’accaduto.
Le parole di una scrittrice che associano nella memoria l’immagine dell’uniforme con le figure dittatoriali, rappresentano la fotografia di un’incultura diffusa relativa alle Istituzioni ed in generale allo Stato.
Se nella mente dei più l’uniforme è sinonimo di garanzia e tutela, ancora trovano eco posizioni minoritarie per le quali l’iconica identificazione di un Corpo con l’uniforme che indossa rappresenta il “nemico da combattere”, colui che priva della libertà e non colui che sorveglia ed agisce per assicurare la libertà.
In qualità di rappresentanti di lavoratori in uniforme, troppo spesso etichettati come “cerberi carcerieri” e troppo poco riconosciuti come polizia penitenziaria intesa come “polizia della giustizia”, riteniamo di offrire al Generale Figliuolo, ed in generale all’Esercito Italiano la solidarietà della Polizia Penitenziaria, riconoscendone l’alto profilo personale e professionale.
L’auspicio è quello che si riesca a diffondere – prima o poi – una cultura dello Stato che conduca la totalità dei cittadini a riconoscerne l’alta valenza delle sue Istituzioni e dei suoi rappresentanti.
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