Le immagini diffuse da tutti i TG nazionali e regionali, le notizie che si susseguono da un quotidiano all’altro, inerenti i tristissimi fatti accaduti presso la Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere, trasmettono una visione distorta diun Corpo, quello della Polizia penitenziaria, che da sempre lavora nell’ombra e che sale agli onori della cronaca solo in caso di evento critico. Poliziotti sbattuti in prima pagina come i più infimi tra i criminali; poliziotti esasperati da condizioni di lavoro insostenibili; poliziotti buttati in prima linea senza dotazioni di difesa; poliziotti esposti psicologicamente a drammi non loro che diventano un fardello silente; poliziotti sottopagati che quando subiscono aggressioni (ormai all’ordine del giorno), si sentono rispondere che fa parte del rischio del mestiere; poliziotti che troppo spesso, ahinoi, decidono di togliersi la vita perché lo stress accumulato li soffoca! Gli appartenenti alla Polizia Penitenziaria, uomini e donne, che fuori dalle mura sono figli, genitori, fratelli e sorelle (spesso lontani da casa e dagli affetti) all’interno non solo obbediscono al mandato istituzionale che li vuole “custodi” di coloro che scontano una pena, ma diventano psicologi, educatori, assistenti, consiglieri di quelle stesse persone, con le quali si instaura un difficilissimo rapporto interpersonale, che pur non infrangendo le barriere lavorativamente imposte, conserva l’inevitabile umanità insita in ognuno di noi, ben lontano dalla fredda ed arida condotta che la stampa ci vuole cucire addosso. Sono questi uomini e queste donne che col fiato ansimante ed il battito accelerato “spiccano” di peso, in piena notte, il detenuto che nella sua disperazione ha tentato il gesto estremo, magari lo stesso detenuto che il giorno prima gli si è scagliato contro, con ferocia, perché la divisa rappresenta lo Stato e lui ce l’ha col Sistema! Sono questi uomini e queste donne che raccolgono lo sfogo del detenuto per una domandina negata o per una sentenza contro, infondendogli speranza per un futuro migliore. Sono questi uomini e queste donne che consolano in un momento di sconforto, si felicitano per una bella notizia e sacrificano il proprio tempo libero per non lasciare scoperto il reparto, anche se fuori avevano il pranzo di Natale, la partita del figlio o un genitore in ospedale. La Polizia penitenziaria svolge da 204 anni, in maniera più che professionale, il delicato compito della tutela del detenuto, anche quando questo risulta essersi macchiato di delitti efferati, inammissibili dalla stessa natura umana e si sia visto ripudiare dalla società. Il SiNAPPe, fortemente motivato, sostiene il Corpo di Polizia penitenziaria, certo dell’ottimo lavoro che ogni giorno porta avanti con onore e spirito di sacrificio.
POLIZIA PENITENZIARIA – QUELLO CHE LA GENTE NON SA!
Le immagini diffuse da tutti i TG nazionali e regionali, le notizie che si susseguono da un quotidiano all’altro, inerenti i tristissimi fatti accaduti presso la Casa Circondariale di Santa Maria Capua Vetere, trasmettono una visione distorta di un Corpo, quello della Polizia penitenziaria, che da sempre lavora nell’ombra e che sale agli onori della cronaca solo in caso di evento critico.
Poliziotti sbattuti in prima pagina come i più infimi tra i criminali; poliziotti esasperati da condizioni di lavoro insostenibili; poliziotti buttati in prima linea senza dotazioni di difesa; poliziotti esposti psicologicamente a drammi non loro che diventano un fardello silente; poliziotti sottopagati che quando subiscono aggressioni (ormai all’ordine del giorno), si sentono rispondere che fa parte del rischio del mestiere; poliziotti che troppo spesso, ahinoi, decidono di togliersi la vita perché lo stress accumulato li soffoca!
Gli appartenenti alla Polizia Penitenziaria, uomini e donne, che fuori dalle mura sono figli, genitori, fratelli e sorelle (spesso lontani da casa e dagli affetti) all’interno non solo obbediscono al mandato istituzionale che li vuole “custodi” di coloro che scontano una pena, ma diventano psicologi, educatori, assistenti, consiglieri di quelle stesse persone, con le quali si instaura un difficilissimo rapporto interpersonale, che pur non infrangendo le barriere lavorativamente imposte, conserva l’inevitabile umanità insita in ognuno di noi, ben lontano dalla fredda ed arida condotta che la stampa ci vuole cucire addosso.
Sono questi uomini e queste donne che col fiato ansimante ed il battito accelerato “spiccano” di peso, in piena notte, il detenuto che nella sua disperazione ha tentato il gesto estremo, magari lo stesso detenuto che il giorno prima gli si è scagliato contro, con ferocia, perché la divisa rappresenta lo Stato e lui ce l’ha col Sistema!
Sono questi uomini e queste donne che raccolgono lo sfogo del detenuto per una domandina negata o per una sentenza contro, infondendogli speranza per un futuro migliore.
Sono questi uomini e queste donne che consolano in un momento di sconforto, si felicitano per una bella notizia e sacrificano il proprio tempo libero per non lasciare scoperto il reparto, anche se fuori avevano il pranzo di Natale, la partita del figlio o un genitore in ospedale.
La Polizia penitenziaria svolge da 204 anni, in maniera più che professionale, il delicato compito della tutela del detenuto, anche quando questo risulta essersi macchiato di delitti efferati, inammissibili dalla stessa natura umana e si sia visto ripudiare dalla società.
Il SiNAPPe, fortemente motivato, sostiene il Corpo di Polizia penitenziaria, certo dell’ottimo lavoro che ogni giorno porta avanti con onore e spirito di sacrificio.
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