Ill.mo Ministro Con la presente si vuole segnatamente intervenire in merito al discutibile atteggiamento posto in essere dall’Avvocato Giuseppe Iacopino all’atto dell’accesso presso la struttura, cui è seguita segnalazione scritta a firma del medesimo, dai toni denigratori ed offensivi per l’intero Corpo di Polizia Penitenziaria in quel preciso momento identificato con il personale addetto al rilascio del pass di accesso. Il legale in questione (che questa O.S. certamente non etichetterebbe per ovvie ragioni deontologiche con appellativi di manzoniana memoria) nel ricostruire l’accaduto con toni degni di un ottimo romanziere, farcisce il proprio racconto di toni evidentemente dispregiativi appellando il personale colà in servizio con l’aggettivo di “secondino”; accezione per altro utilizzata all’evidente scopo di sminuirne il ruolo e non per ignoranza della legge istitutiva del Corpo di Polizia Penitenziaria. L’avvocato Iacopino, evidentemente riottoso alla procedure di controllo, sovrappone piani nemmeno lontanamente avvicinabili, catalogando la scrupolosità nel controllo, dimostrata dalla poliziotta penitenziaria di turno, con una disattenzione in merito ad azioni precedenti (che si asseriscono per effettuate). Né l’atteggiamento di chiusura (per usare un eufemismo) si modifica con l’intervento del responsabile del servizio, dando luogo ad una incomprensibile, quanto bassa polemica; ciò al solo scopo di non procedere al controllo. Ebbene, v’è a questo punto da interrogarsi se è possibile tollerare atteggiamenti di siffatta foggia se l’unica pecca professionale rilevata (a carico degli operatori penitenziari) si traduce in realtà come zelo operativo, a vantaggio della sicurezza della struttura? L’avvocato, libero cittadino con potere di libero accesso alla strutture pubbliche, evidentemente deve sottostare alle regole di sicurezza imposte (al pari di quanto accade ad esempio per l’accesso agli aeroporti); e di certo il soggiacere alle regole di sicurezza non può avvenire con atteggiamenti provocatori o dissacranti. Si ritiene a questo punto che nel merito codesto Ministro intervenga, facendo comprendere quali iniziative intende adottare in tali circostanze, a tutela della dignità professionale degli operatori e dell’immagine del Corpo di Polizia Penitenziaria. Si vuole inoltre comprendere se la circostanza in narrativa sarà segnalata a consiglio dell’ordine forense per i rilievi deontologici del caso. In attesa di riscontro, si coglie l’occasione per porgere distinti saluti
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SISTEMI DI IDENTIFICAZIONE E SICUREZZA PER L’ACCESSO AI PALAZZI DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Ill.mo Ministro Con la presente si vuole segnatamente intervenire in merito al discutibile atteggiamento posto in essere dall’Avvocato Giuseppe Iacopino all’atto dell’accesso presso la struttura, cui è seguita segnalazione scritta a firma del medesimo, dai toni denigratori ed offensivi per l’intero Corpo di Polizia Penitenziaria in quel preciso momento identificato con il personale addetto al rilascio del pass di accesso. Il legale in questione (che questa O.S. certamente non etichetterebbe per ovvie ragioni deontologiche con appellativi di manzoniana memoria) nel ricostruire l’accaduto con toni degni di un ottimo romanziere, farcisce il proprio racconto di toni evidentemente dispregiativi appellando il personale colà in servizio con l’aggettivo di “secondino”; accezione per altro utilizzata all’evidente scopo di sminuirne il ruolo e non per ignoranza della legge istitutiva del Corpo di Polizia Penitenziaria. L’avvocato Iacopino, evidentemente riottoso alla procedure di controllo, sovrappone piani nemmeno lontanamente avvicinabili, catalogando la scrupolosità nel controllo, dimostrata dalla poliziotta penitenziaria di turno, con una disattenzione in merito ad azioni precedenti (che si asseriscono per effettuate). Né l’atteggiamento di chiusura (per usare un eufemismo) si modifica con l’intervento del responsabile del servizio, dando luogo ad una incomprensibile, quanto bassa polemica; ciò al solo scopo di non procedere al controllo. Ebbene, v’è a questo punto da interrogarsi se è possibile tollerare atteggiamenti di siffatta foggia se l’unica pecca professionale rilevata (a carico degli operatori penitenziari) si traduce in realtà come zelo operativo, a vantaggio della sicurezza della struttura? L’avvocato, libero cittadino con potere di libero accesso alla strutture pubbliche, evidentemente deve sottostare alle regole di sicurezza imposte (al pari di quanto accade ad esempio per l’accesso agli aeroporti); e di certo il soggiacere alle regole di sicurezza non può avvenire con atteggiamenti provocatori o dissacranti. Si ritiene a questo punto che nel merito codesto Ministro intervenga, facendo comprendere quali iniziative intende adottare in tali circostanze, a tutela della dignità professionale degli operatori e dell’immagine del Corpo di Polizia Penitenziaria. Si vuole inoltre comprendere se la circostanza in narrativa sarà segnalata a consiglio dell’ordine forense per i rilievi deontologici del caso. In attesa di riscontro, si coglie l’occasione per porgere distinti saluti
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