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Carcere e legalità – riflessioni teoriche e declinazione pratica. Percorsi possibili.

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Carcere e legalità – riflessioni teoriche e declinazione pratica. Percorsi possibili.

Aprile 15, 2025 Sinappe 0 Comments

Illustrissimi interlocutori,

            con estremo interesse abbiamo approcciato alle recenti dichiarazioni della Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, Onorevole Chiara Colosimo, in relazione al progetto di un protocollo di collaborazione con la nota piattaforma social tik tok con l’obiettivo di combattere la diffusione di contenuti legati alla mafia.

            Nella presentazione effettuata presso l’Università di Bari, la Presidente Colosimo ha chiarito che si tratterà di un meccanismo di segnalazione che consentirà alla Commissione Antimafia di segnalare e richiedere la rimozione di contenuti specifici che “normalizzano”, esaltano o addirittura celebrano figure e comportamenti di stampo criminale.

            Le migliaia di visualizzazioni collezionate da contenuti peculiari (come quello che immortala l’evasione di Marco Raduano dal carcere di Nuoro nel febbraio del 2023), il linguaggio diretto di un sistema di comunicazione veloce ed efficace, la conseguente capacità di influenzare le percezioni, i modelli di riferimento e le aspirazioni delle nuove generazioni, sono tutti elementi che depongono a favore del rischio che finanche il mondo digitale si trasformi, attraverso la mitizzazione, in una scuola di criminalità.

            La lungimiranza del progetto sopra accennato, induce gli operatori penitenziari ad analoghe riflessioni in merito ai contenuti diffusi, con spavalderia e sprezzo delle leggi e delle Istituzioni, da persone detenute grazie all’illecito possesso ed utilizzo di strumentazione atta a comunicare con l’esterno.

Gli impressionanti numeri dei rinvenimenti di telefoni cellulari e relative sim, descrivono la portata di un fenomeno che non ha trovato l’auspicata deterrenza nella criminalizzazione della condotta con l’introduzione dell’articolo 391 ter c.p.

È di lapalissiana evidenza, infatti, come nonostante la costante attività di controllo, il sistema penitenziario si dimostri permeabile tanto all’introduzione di telefoni cellulari, tanto all’introduzione di sostanze stupefacenti.

Ora, se da un lato è opportuna l’interlocuzione del Ministro della Giustizia con la Commissione Parlamentare Antimafia affinché si strutturi il principio di segnalazione e rimozione anche di tutti i contenuti captati illegalmente (come appunto i video girati all’interno delle stanze detentive) o comunque afferenti il contesto detentivo, dall’altro lato torna in auge la discussione sull’opportunità di dotare tutti gli istituti penitenziari di dissuasori di frequenza (jammer), che permetterebbero di neutralizzare il segnale dei dispositivi mobili in modo selettivo e controllato, impedendone l’uso non autorizzato.

L’approccio comparatistico con l’esperienza d’oltralpe porta a certificare il successo della strategia che, attraverso il disturbo di frequenza, non solo impedisce le comunicazioni illegali con l’esterno, ma consente altresì di rispondere efficacemente al contrasto dei tentativi di introduzione tramite l’utilizzo dei droni.

Per combattere ogni forma di criminalità, dunque, non ci si può affidare unicamente ad azioni – seppur encomiabili – di educazione alla legalità, nel cui quadro si inserisce il progetto in incipit. Servono investimenti, serve ripensare in maniera concreta la risposta dello Stato in relazione alle costanti violazioni che vengono perpetrate dalla criminalità anche nel perimetro penitenziario.

Se l’introduzione illegale di apparecchiature telefoniche e sostanze stupefacenti alimenta un fiorente mercato per la criminalità organizzata, servono risposte immediate che vanifichino l’attività illecita.

Sul punto questa O.S. ha sempre sostenuto l’opportunità (che assume i caratteri della necessità) di integrare in maniera decisa ed importante il servizio cinofili, dotando ogni Istituto di un proprio distaccamento, quale strumento fondamentale nella lotta al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti.

È innegabile come, nonostante gli sforzi profusi dal personale di Polizia Penitenziaria, il fenomeno de quo rappresenti una vexata quaestio seria e diffusa, con gravi ripercussioni sulla sicurezza, sull’ordine interno e sul percorso rieducativo delle persone detenute, i cui comportamenti aggressivi non di rado sono legati alle dipendenze. Un fenomeno che oltre a compromettere la salute fisica e mentale degli assuntori, alimenta dinamiche criminali e di assoggettamento che minano l’intero sistema penitenziario.

Il servizio cinofilo si è dimostrato nel tempo uno strumento efficace, rapido e dissuasivo nella prevenzione e nell’individuazione di stupefacenti, sia durante le operazioni di controllo ordinario, sia in occasione di colloqui, perquisizioni e operazioni straordinarie.

Ma la vera risposta va ricercata in un’azione costante e capillare che non è attuabile con le risorse attualmente disponibili.

Ancora una volta soccorre l’approccio comparatistico con le esperienze degli altri Paesi. Emblematico il raffronto che gli Stati Uniti d’America.

Nel biennio 2022/2024, secondo i dati diffusi dal Government Accountability Office (GAO), il Governo Federale ha impiegato oltre 5000 cani di diverse razze nei servizi di polizia, addestrati tanto al rinvenimento di sostanze, tanto al rinvenimento di esplosivi. Si pensi esemplificativamente all’attività dell’Agenzia Governativa statunitense ATF competente su contrasto e prevenzione di crimini in materia di armi, esplosivi, alcool e tabacchi, che conta un largo impiego di cani-poliziotto.

Le dimostrate potenzialità del gruppo cinofilo devono condurre verso la riflessione di un piano di rafforzamento del servizio, attraverso l’incremento delle unità canine, l’adeguata formazione del personale e la programmazione regolare di interventi all’interno delle carceri. Tale investimento rappresenterebbe non solo un presidio essenziale di legalità, ma anche un supporto concreto al lavoro degli operatori penitenziari, già fortemente impegnati in un contesto complesso e delicato.

Si condividerà con chi scrive l’assunto per il quale la creazione di un ambiente “sterile” sotto i profili sopra esplicitati costituisce la precondizione per la realizzazione di ogni progetto trattamentale, percorso di reinserimento sociale e umanizzazione della detenzione.

Certi della volontà degli Illustri interlocutori in indirizzo di innovare e rafforzare il sistema penitenziario italiano, si offre sin da subito la propria disponibilità ad un confronto tematico di dettaglio, nella certezza che si vorranno approfondire gli aspetti di fattibilità.

L’occasione è proficua per presentare distinti saluti.

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