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Casa Circondariale di Agrigento – Le dichiarazioni del Prof. Antonello Nicosia, Direttore dell’Osservatorio Internazionale Diritti Umani – Richiesta intervento e RICHIESTA INCONTRO

Ottobre 23, 2019 Sinappe Comments Off

Onorevole Ministro, esimi interlocutori

Non mancherebbero gli aggettivi per commentare lo sbigottimento con il quale abbiamo letto le dichiarazioni del Professor Antonello Nicosia, Direttore dell’OIDU, a seguito della notizia apparsa sulla stampa locale per la quale la Procura avrebbe aperto un fascicolo d’inchiesta per le condizioni di vita all’interno del carcere di Agrigento. 

I fatti, sui quali codesto Ministro ha già avuto modo di esprimersi in via istituzionale rispondendo ad una interrogazione parlamentare, risalgono a segnalazioni – tutte da dimostrare – che sarebbero state ricevute dalla delegazione del partito radicale nella visita del 22 dicembre 2018.

Seppur autorevole, per il ruolo ricoperto, la voce dalla quale provengono le accuse all’intero sistema penitenziario agrigentino, che arriva a richiedere una decapitazione dei vertici locali, le dichiarazioni lasciano alquanto interdetti apparendo come riflessioni foriere di una giustizia sommaria, di ispirazione inquisitoria, che mai dovrebbe chiamarsi in causa quando si affrontano temi come quelli in discussione.

Per non parlare poi dell’infelice accostamento al carcere di Guantanamo operata dal giornalista de “il dubbio”, Damiano Aliprandi, nell’articolo dello scorso 9 ottobre.

Ed ecco che in un sistema che si guarda bene dall’attendere gli esiti dei lavori di indagine prima di mettere in moto la macchina “giustizialista” con il dito puntato contro gli “uomini dello Stato”, diventa ancora più labile il confine fra informazione e disinformazione, fra verità ed invenzione, sull’onda lunga di una emulazione che abbiamo imparato a conoscere.

Finanche la strumentalizzazione di iniziative sindacali, frutto della necessità di accedere i riflettori sulla condizione delle carceri italiane per via degli insufficienti investimenti in tema di risorse umane, si adduce a prova fondante di una inefficienza globale del “sistema carcere”, e forse più ancora del “sistema Stato”.

È attuale il dibattito che si è prospettato sull’opportunità d’istituzione di una figura di garanzia per il Corpo di Polizia Penitenziaria; una prospettiva che, a parere di chi scrive, stride con la funzione propria, quella sì di garanzia, tanto del “Capo Politico” (il Ministro della Giustizia), tanto del “Capo Amministrativo”

(Capo del DAP) del Corpo di Polizia Penitenziaria. Quella funzione di garanzia che qui viene in risalto nel momento in cui siamo a chiedere che i Vertici in indirizzo si pongano quale argine ad un’azione mediatica pericolosa, inquinante e soprattutto demotivante per le donne e gli uomini della polizia penitenziaria.

Se la cronaca di questo terribile mese di ottobre ci ha anche insegnato le conseguenze rischiose della “depersonalizzazione” quale disagio psichico che può svilupparsi all’interno delle sezioni detentive, non è certo questa la strada verso il miglioramento delle condizioni di lavoro.

Si intervenga duramente, segnatamente, per dare un messaggio chiaro a tutti i sistemi di comunicazione e sinanche in Parlamento: il sensazionalismo mediatico di affermazioni quantomeno frettolose produce danni tesi alla cronicizzazione di un’immagine distorta del ruolo della Polizia Penitenziaria alla quale, in queste condizioni, diventa ingiusto chiedere abnegazione nello svolgimento della professione.

Si voglia pertanto intervenire, ognuno per la parte di propria competenza e fermo l’esito delle indagini che saranno condotte, a riportare in asse il focus sulla Polizia Penitenziaria.

Il punto di partenza è dato certamente da un momento di confronto che codesto Onorevole Ministro vorrà certamente calendarizzare con le Organizzazioni Sindacali; un incontro necessario che riporti la polizia penitenziaria sotto la reale egida dell’Istituzione, senza necessità di ulteriori e forse anche ultronee figure di garanzia, consci del valore dei ruoli (istituzionale da un lato e  sindacale dall’altro) e della forza delle azioni sinergiche.