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Casa Circondariale di Biella e le 23 sospensioni per tortura.
ESISTE UN LIMITE TRA IL DIRITTO DI CRONACA ED IL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI?

Marzo 24, 2023 Sinappe Comments Off

Sig. Ministro, Autorità in indirizzo
sulla edizione biellese de “La Stampa” di stamattina in un articolo firmato da Mauro Zola è raccontata la
sospensione delle 23 unità di Polizia penitenziaria coinvolti nelle indagini sulle presunte torture perpetrate nel carcere piemontese.
Nella ricostruzione pedissequa della vicenda, partendo dal provvedimento del gip del Tribunale di Biella,
in coda all’articolo sono stati elencati i nominativi del personale ai quali è stato notificato il  rovvedimento della sospensione “dall’esercizio del pubblico ufficio di agente della Polizia Penitenziaria” con un delta diverso a seconda del contributo “morale o materiale” di collaborazione per i fatti oggetto di contestazione.
Nonostante la Riforma Cartabia ed una direttiva europea del 2016 che ha imposto, comunque, di rispettare sempre e comunque il diritto alla presunzione di non colpevolezza facendo risultare chiare le
differenze fra documentazione e rappresentazione, fra cronaca e commento, fra indagato, imputato e
condannato, fra pubblico ministero e giudice, fra accusa e difesa, fra carattere non definitivo e definitivo dei provvedimenti e delle decisioni nell’evoluzione delle fasi e dei gradi dei procedimenti e dei giudizi, si continua a sbattere il mostro in prima pagina, il personale in divisa, con una narrazione spesso eccessivamente massmediatica.
Se è ancora in vigore la legge sulla presunzione d’innocenza che dovrebbe impedire ai giornalisti di pubblicare nomi e cognomi di trafficanti di droga, corrotti, camorristi, pedofili, per salvaguardare la presunzione d’innocenza di indagati e imputati prima che i giudici emettano le sentenze, perché dovremmo tollerare ed essere posti alla berlina con tanto di nome e cognome?
Sui giornali le notizie di cronaca non dovrebbero apparire senza nomi e cognomi delle persone
coinvolte o al massimo le sole iniziali?
Ci si preoccupa della “non notizia” o non si coglie il pericolo di una divulgazione di nominativi senza
regole soprattutto se appartenenti come humus lavorativo ad una comunità come quella carceraria?
La legge Cartabia consente la diffusione di informazioni limitate “solo quando è strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini o ricorrono altre rilevanti ragioni di interesse pubblico”.
È il caso di Biella?
Cosa sta accadendo, stamattina, all’interno del carcere biellese che ospita circa 360 detenuti?
La norma attribuisce un potere e un controllo significativo al Procuratore della Repubblica, unica figura
che può autorizzare la diffusione di notizie relative ai procedimenti penali e diffondere informazioni su qualsiasi evento che possa richiedere l’apertura di un’indagine.
La questione non è, dunque, quale notizia possa essere concretamente diffusa e con quale grado di
trasparenza quanto, piuttosto, se è lecito preservare degli indagati in divisa per garantire l’ordine e la sicurezza in carcere. Mentre è chiaro il diritto di informare ed il diritto di essere informati, tutelati entrambi dall’articolo 21 della Costituzione, vacilla anche in questo caso il diritto alla riservatezza, l´identità personale ed il diritto alla protezione dei dati personali.
Eppure le assoluzioni di ieri della decina di agenti della Polizia penitenziaria coinvolti nel cosiddetto
processo sulla “cella zero” nel carcere napoletano di Poggioreale, per i presunti maltrattamenti denunciati da quattro ex detenuti tra il 2012 e il 2014 con il processo che prese il via nel 2018, dovrebbero aver insegnato la cautela e che la molteplicità e la varietà delle vicende di cronaca e dei soggetti che ne sono coinvolti non consentono di stabilire aprioristicamente una colpa sicura e certa del personale in divisa tale da giustificare la pubblicazione selvaggia sulla stampa.