Illustre Presidente, Esimio Commissario Straordinario L’emergenza sanitaria mondiale ha recato con sé stringenti misure tese al contenimento del contagio; fra queste non ultima quella approvata con DPCM del 9 marzo quando è stata disposta la perentoria sospensione dell’effettuazione dei colloqui visivi in carcere fino al 22 marzo. Non senza stupore, prendiamo atto della conferma, anche nei termini di efficacia, anche nel decreto “Cura Italia” (cfr. art 83 comma 16). Al di là delle mille preoccupazioni e dei mille timori che attanagliano gli operatori penitenziari, altamente esposti al rischio contagio, riflettiamo a voce alta sulle disposizioni dell’articolo 2 comma 2 lettera U del DPCM del 8 marzo, quando lo stesso Governo, pur sensibilizzando l’utilizzo sostituivo della tecnologia, ammetteva l’effettuazione dei colloqui nei casi “eccezionali” purché venisse garantita la distanza di almeno 2 metri. La condizione, o meglio, il paradosso è che in un’Italia blindata, quando si presume non sia ancora stato raggiunto il picco dei contagi e ancora non si scorge il calo della curva epidemiologica, si consentirà l’ingresso in carcere dall’esterno di soggetti dei quali non si è nelle condizioni di verificare lo stato di salute. Sul punto è necessario che si forniscano immediati chiarimenti e protocolli operativi sia in relazione ai controlli sulla persona (che il regolamento penitenziario prevede per coloro che sono ammessi a colloquio e che prevedono un contatto ravvicinato) sia in relazione alla sostenibilità dello scenario che verrà a determinarsi (il riferimento è alla distanza dei 2 metri). Si resta in attesa di immediati chiarimenti.
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Decreto “Cura Italia” – misure relative al mondo penitenziario – Sospensione colloqui visivi fra detenuti e familiari – scadenza al 22 marzo 2020
Illustre Presidente, Esimio Commissario Straordinario
L’emergenza sanitaria mondiale ha recato con sé stringenti misure tese al contenimento del contagio; fra queste non ultima quella approvata con DPCM del 9 marzo quando è stata disposta la perentoria sospensione dell’effettuazione dei colloqui visivi in carcere fino al 22 marzo.
Non senza stupore, prendiamo atto della conferma, anche nei termini di efficacia, anche nel decreto “Cura Italia” (cfr. art 83 comma 16). Al di là delle mille preoccupazioni e dei mille timori che attanagliano gli operatori penitenziari, altamente esposti al rischio contagio, riflettiamo a voce alta sulle disposizioni dell’articolo 2 comma 2 lettera U del DPCM del 8 marzo, quando lo stesso Governo, pur sensibilizzando l’utilizzo sostituivo della tecnologia, ammetteva l’effettuazione dei colloqui nei casi “eccezionali” purché venisse garantita la distanza di almeno 2 metri.
La condizione, o meglio, il paradosso è che in un’Italia blindata, quando si presume non sia ancora stato raggiunto il picco dei contagi e ancora non si scorge il calo della curva epidemiologica, si consentirà l’ingresso in carcere dall’esterno di soggetti dei quali non si è nelle condizioni di verificare lo stato di salute.
Sul punto è necessario che si forniscano immediati chiarimenti e protocolli operativi sia in relazione ai controlli sulla persona (che il regolamento penitenziario prevede per coloro che sono ammessi a colloquio e che prevedono un contatto ravvicinato) sia in relazione alla sostenibilità dello scenario che verrà a determinarsi (il riferimento è alla distanza dei 2 metri).
Si resta in attesa di immediati chiarimenti.
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