Questa O.S. ha apprezzato il documento che il DAP ha inteso diramare nella giornata del 22 febbraio, in relazione ad accorgimenti logistici che hanno interessato il perimetro penitenziario prossimo ai focolai che si sono registrati in Italia del temuto virus che sta allarmando la comunità mondiale. Tuttavia, se quel documento magari poteva porsi in linea con lo stato dei fatti fotografato in quella data, la continua evoluzione della questione, che si allarga anche senza controllo sull’intero territorio nazionale, merita – ad avviso di chi scrive – ben altri e più stingenti accorgimenti che non possono limitarsi unicamente ai territori indicati nella nota del Suo Ufficio. In via generale sarebbe opportuno pensare in tutti i penitenziari del Paese ad un seppur temporaneo sistema detentivo a celle chiuse, sì da limitare (come per altro suggerito dal Ministero della salute) situazioni di luoghi affollati. Ciò in quanto, seppur, ambienti più facilmente controllabili – quelli penitenziari – il contagio e la diffusione del virus non è da escludersi per via dei numerosi contratti fra il carcere e la comunità esterna; si pensi anche solo banalmente ai colloqui tanto con i familiari, tanto con avvocati, magistrati, ministri di culto, educatori, psicologi e via discorrendo. Pensiamo poi agli ingressi in carcere dalla libertà di soggetti, spesso identificati con diversi “alias” per i quali appare assolutamente impossibile mappare i contatti e gli spostamenti delle due settimane antecedente. Accanto una tale misura, sarebbe auspicabile – nel medesimo spirito della quarantena imposta in alcuni Comuni con Decreto Legge – la sospensione di tutte le attività esercitate in carcere, e nelle S.F.A.P. così come la sospensione delle traduzioni anche per motivi di giustizia assicurando magari la partecipazione alle attività processuali non differibili attraverso il sistema delle videoconferenze. Auspicabile sarebbe altresì sensibilizzare le ASL affinché anche le prestazioni sanitarie possano essere somministrate intra moenia, differendo eventuali visite specialistiche programmate ma non urgenti ad un momento successivo di regressione della pandemia. Come si diceva innanzi, grande preoccupazione destano anche gli accessi dei famigliari ammessi a colloquio, anche in ragione dello stretto contatto che gli operatori addetti ai controlli debbono avere con costoro. E non ci si riferisce logicamente alla sola comunità cinese in Italia. Sarebbe opportuno, vista la peculiare situazione sanitaria, inspessire i colloqui telefonici limitando di contro quelli de visu e comunque richiedere il supporto delle ASL affinché personale specializzato possa effettuare sui transitanti le medesime rilevazioni che vengono effettuate negli aeroporti. Stesso controllo a cui andrebbero assoggettati tutti i detenuti ammessi al lavoro all’estero e quelli in regime di semilibertà. Una sensibilizzazione sarebbe opportuna anche nei confronti della Magistratura di Sorveglianza in fatto di concessione dei permessi. Con riferimento, poi, alle norme igieniche suggerite per il contenimento del contagio, da un lato si auspica che vengano fornite a tutti gli operatori mascherine, guanti, prodotti disinfettanti (allo stato attuale in molti bagni in uso al personale manca persino il sapone per lavarsi le mani), dall’altro ci si attende un’indicazione alle sedi periferiche di rimodulazione di tempi e modi per l’utilizzo delle docce da parte della popolazione detenuta. In ultimo, proprio comprendendo la portata dell’emergenza, si ha necessità che si esplichi a chiare lettere il titolo di assenza al quale verranno imputate le giornate nelle quali il personale sarà esentato dalle attività lavorative e/o scolastiche, ove si renda opportuno come è stato per quelli residenti nei comuni indicati nella nota del 22 febbraio, onde evitare di doversi trovare in un momento successivo a dover ragionare di decurtazioni di congedi ordinari o peggio di decurtazioni economiche. Quelli che precedono costituiscono unicamente dei suggerimenti operativi, che si pongono lo scopo di tutelare la salute del personale di polizia penitenziaria che, per la peculiarità del proprio incarico, risulta essere fra le professionalità maggiormente esposte a rischio contagio. Nella certezza che i predetti suggerimenti verranno valutati ed eventualmente sviluppati, si resta in attesa di un cortese cenno di riscontro e delle indicazioni che vorranno impartirsi.
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Emergenza Nazionale Coronavirus – Richiesta adozione misure di gestione della popolazione detenuta
Ill.mi Presidenti
Questa O.S. ha apprezzato il documento che il DAP ha inteso diramare nella giornata del 22 febbraio, in relazione ad accorgimenti logistici che hanno interessato il perimetro penitenziario prossimo ai focolai che si sono registrati in Italia del temuto virus che sta allarmando la comunità mondiale.
Tuttavia, se quel documento magari poteva porsi in linea con lo stato dei fatti fotografato in quella data, la continua evoluzione della questione, che si allarga anche senza controllo sull’intero territorio nazionale, merita – ad avviso di chi scrive – ben altri e più stingenti accorgimenti che non possono limitarsi unicamente ai territori indicati nella nota del Suo Ufficio.
In via generale sarebbe opportuno pensare in tutti i penitenziari del Paese ad un seppur temporaneo sistema detentivo a celle chiuse, sì da limitare (come per altro suggerito dal Ministero della salute) situazioni di luoghi affollati. Ciò in quanto, seppur, ambienti più facilmente controllabili – quelli penitenziari – il contagio e la diffusione del virus non è da escludersi per via dei numerosi contratti fra il carcere e la comunità esterna; si pensi anche solo banalmente ai colloqui tanto con i familiari, tanto con avvocati, magistrati, ministri di culto, educatori, psicologi e via discorrendo. Pensiamo poi agli ingressi in carcere dalla libertà di soggetti, spesso identificati con diversi “alias” per i quali appare assolutamente impossibile mappare i contatti e gli spostamenti delle due settimane antecedente.
Accanto una tale misura, sarebbe auspicabile – nel medesimo spirito della quarantena imposta in alcuni Comuni con Decreto Legge – la sospensione di tutte le attività esercitate in carcere, e nelle S.F.A.P. così come la sospensione delle traduzioni anche per motivi di giustizia assicurando magari la partecipazione alle attività processuali non differibili attraverso il sistema delle videoconferenze.
Auspicabile sarebbe altresì sensibilizzare le ASL affinché anche le prestazioni sanitarie possano essere somministrate intra moenia, differendo eventuali visite specialistiche programmate ma non urgenti ad un momento successivo di regressione della pandemia.
Come si diceva innanzi, grande preoccupazione destano anche gli accessi dei famigliari ammessi a colloquio, anche in ragione dello stretto contatto che gli operatori addetti ai controlli debbono avere con costoro. E non ci si riferisce logicamente alla sola comunità cinese in Italia.
Sarebbe opportuno, vista la peculiare situazione sanitaria, inspessire i colloqui telefonici limitando di contro quelli de visu e comunque richiedere il supporto delle ASL affinché personale specializzato possa effettuare sui transitanti le medesime rilevazioni che vengono effettuate negli aeroporti. Stesso controllo a cui andrebbero assoggettati tutti i detenuti ammessi al lavoro all’estero e quelli in regime di semilibertà.
Una sensibilizzazione sarebbe opportuna anche nei confronti della Magistratura di Sorveglianza in fatto di concessione dei permessi.
Con riferimento, poi, alle norme igieniche suggerite per il contenimento del contagio, da un lato si auspica che vengano fornite a tutti gli operatori mascherine, guanti, prodotti disinfettanti (allo stato attuale in molti bagni in uso al personale manca persino il sapone per lavarsi le mani), dall’altro ci si attende un’indicazione alle sedi periferiche di rimodulazione di tempi e modi per l’utilizzo delle docce da parte della popolazione detenuta.
In ultimo, proprio comprendendo la portata dell’emergenza, si ha necessità che si esplichi a chiare lettere il titolo di assenza al quale verranno imputate le giornate nelle quali il personale sarà esentato dalle
attività lavorative e/o scolastiche, ove si renda opportuno come è stato per quelli residenti nei comuni indicati nella nota del 22 febbraio, onde evitare di doversi trovare in un momento successivo a dover ragionare di decurtazioni di congedi ordinari o peggio di decurtazioni economiche.
Quelli che precedono costituiscono unicamente dei suggerimenti operativi, che si pongono lo scopo di tutelare la salute del personale di polizia penitenziaria che, per la peculiarità del proprio incarico, risulta essere fra le professionalità maggiormente esposte a rischio contagio.
Nella certezza che i predetti suggerimenti verranno valutati ed eventualmente sviluppati, si resta in attesa di un cortese cenno di riscontro e delle indicazioni che vorranno impartirsi.
LETTERA – Capo DAP e DGMC – CORONAVIRUS – adozione misure di gestione detenuti Scarica
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