Sig. Sottosegretari, Autorità in indirizzo, il Si.N.A.P.Pe, si ricorderà, ha salutato con favore l’istituzione del Gruppo di intervento Operativo, condividendone la sottesa filosofia interventistica ed ausiliatrice. A distanza di 10 mesi dal varo del relativo D.M. appare il caso di fermarsi a riflettere sulla perfettibilità di un progetto che deve coniugare declinazione teorica con declinazione pratica. L’operazione di debriefing rispetto agli avvenimenti che hanno interessato la Casa Circondariale di Pescara lo scorso 17 febbraio è l’occasione propizia per ragionare di alcuni aspetti strategici. Come è noto l’articolo 9 del DM istitutivo prevede “l’aliquota di intervento locale” nell’ambito di ogni Reparto del Corpo di stanza presso gli Istituti Penitenziari. La competenza ad essa demandata dal comma 2 del medesimo articolo afferisce a “eventi critici classificabili di medio/basso livello che, per la loro particolare dinamica ovvero per il loro limitato impatto sulla sicurezza complessiva dell’istituto penitenziario non richiedono l’intervento del personale dei GIR o del GIO”. Mutuando l’esperienza sanitaria, potremmo inquadrare l’aliquota di intervento locale come un “primo soccorso”, ma ove la portata dell’evento sia di proporzioni più ampie rispetto a quelle descritte dal precitato comma 9 e si renda necessario l’ausilio di GIR o GIO, la declinazione pratica di intervento si scontra con il dato incontrovertibile dell’ampiezza chilometrica dei distretti di pertinenza. Nel caso di specie, trattandosi di evento infausto verificatosi in Abruzzo, e dunque sotto la competenza del provveditorato con sede a Roma, il GIR di riferimento ha dovuto percorrere oltre 250 km per raggiungere il teatro delle operazioni, con incolpevoli ritardi che rischiano di vanificare il senso stesso del costituito gruppo. Ragionare, allora, di dislocazioni di gruppi provinciali o interprovinciali, con una formazione capillare del personale anche in house, ma soprattutto con rinforzi operativi capaci di sopraggiungere in tempi rapidi costituirebbe la vera risposta all’esigenza di fronteggiare eventi di imponente portata critica come quello accaduto a Pescara. Per queste ragioni, nel dirsi sin da subito disponibili ad un confronto tematico, si sollecita una revisione dell’impianto nel senso sopra indicato, anche in ragione della previsione dell’articolo 4 che lascia la discrezionalità di dislocazione, oltre che presso i PRAP, anche in altre idonee sedi e strutture dell’Amministrazione.
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Gruppo di intervento Operativo – il “Caso Pescara”
Sig. Sottosegretari, Autorità in indirizzo,
il Si.N.A.P.Pe, si ricorderà, ha salutato con favore l’istituzione del Gruppo di intervento Operativo, condividendone la sottesa filosofia interventistica ed ausiliatrice.
A distanza di 10 mesi dal varo del relativo D.M. appare il caso di fermarsi a riflettere sulla perfettibilità di un progetto che deve coniugare declinazione teorica con declinazione pratica.
L’operazione di debriefing rispetto agli avvenimenti che hanno interessato la Casa Circondariale di Pescara lo scorso 17 febbraio è l’occasione propizia per ragionare di alcuni aspetti strategici.
Come è noto l’articolo 9 del DM istitutivo prevede “l’aliquota di intervento locale” nell’ambito di ogni Reparto del Corpo di stanza presso gli Istituti Penitenziari. La competenza ad essa demandata dal comma 2 del medesimo articolo afferisce a “eventi critici classificabili di medio/basso livello che, per la loro particolare dinamica ovvero per il loro limitato impatto sulla sicurezza complessiva dell’istituto penitenziario non richiedono l’intervento del personale dei GIR o del GIO”.
Mutuando l’esperienza sanitaria, potremmo inquadrare l’aliquota di intervento locale come un “primo soccorso”, ma ove la portata dell’evento sia di proporzioni più ampie rispetto a quelle descritte dal precitato comma 9 e si renda necessario l’ausilio di GIR o GIO, la declinazione pratica di intervento si scontra con il dato incontrovertibile dell’ampiezza chilometrica dei distretti di pertinenza.
Nel caso di specie, trattandosi di evento infausto verificatosi in Abruzzo, e dunque sotto la competenza del provveditorato con sede a Roma, il GIR di riferimento ha dovuto percorrere oltre 250 km per raggiungere il teatro delle operazioni, con incolpevoli ritardi che rischiano di vanificare il senso stesso del costituito gruppo.
Ragionare, allora, di dislocazioni di gruppi provinciali o interprovinciali, con una formazione capillare del personale anche in house, ma soprattutto con rinforzi operativi capaci di sopraggiungere in tempi rapidi costituirebbe la vera risposta all’esigenza di fronteggiare eventi di imponente portata critica come quello accaduto a Pescara.
Per queste ragioni, nel dirsi sin da subito disponibili ad un confronto tematico, si sollecita una revisione dell’impianto nel senso sopra indicato, anche in ragione della previsione dell’articolo 4 che lascia la discrezionalità di dislocazione, oltre che presso i PRAP, anche in altre idonee sedi e strutture dell’Amministrazione.
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