Intervento del Presidente della Repubblica in occasione degli auguri di fine anno con i Rappresentanti delle Istituzioni, Forze Politiche e Società Civile
Esimio Presidente, Abbiamo ascoltato con estrema attenzione la sagge parole che, come di consueto, codesto Presidente ha rivolto all’alto auditorio in occasione degli auguri di fine anno con i Rappresentanti delle Istituzioni, Forze Politiche e Società Civile. La dissertazione sul futuro del nostro Paese e sulla necessità di un lavoro di squadra che miri ad assicurare migliori globali condizioni di vita con il sapiente impiego delle intellighenzie, non può che trovare la condivisione di chi scrive così come anche, nel nostro ruolo di sindacalisti, non si può che condividere la priorità di assicurare, nella centralità del lavoro, ad esso sicurezza. Quella “sicurezza carente” che è al centro del dibattito penitenziario in un ambiente che espone ad un rischio incontrollato (ed ahinoi incontrollabile) gli operatori penitenziari. Basterebbero poche illuminanti parole per descrivere la peculiarità di un lavoro, quello del poliziotto penitenziario, che quotidianamente si rapporta a, e si confronta con, chi lo Stato ritiene di dover temporaneamente allontanare dalla comunità civile. È un lavoro, quello del poliziotto penitenziario, che porta a toccare con mano il disagio sociale seguendo il faro della mission della rieducazione del reo; ma se gli obiettivi sono alti ed ambiziosi, la realtà quotidiana è fatta di una sequela di oltraggi ed aggressioni cui nemmeno il legislatore penale ha ritenuto di conferire specificità. È un lavoro di custodia, sì! Ma è anche un lavoro di prevenzione del crimine, di intercettazione di intenti criminali. È a tutti gli effetti, e a ben ragione, un’attività inserita nel globale sistema messo a punto dallo Stato per (cit.) “debellare la criminalità, contrastare l’illegalità, per prevenire le minacce alla convivenza civile”. Spiace non poco il fatto che una tale attività venga attribuita, dalla Massima Carica dello Stato, a protagonisti espressamente citati (Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Organismi di informazione per la sicurezza) senza riferimento alcuno al Corpo di Polizia Penitenziaria, che continua in tal modo a vestirsi di quell’immeritato connotato di marginalità o secondarietà, che troppo spesso le si cuce addosso. Né può ritenersi soddisfatta la doverosità di citazione nell’alveo del più generale richiamo a “tutte le Forze impegnate, insieme alla Magistratura” nelle attività sopra enunciate. Ciò diviene ancor più significativo se si considera che, fra le fila dell’alto auditorio, v’era la presenza anche del Ministro della Giustizia, che lo Stato vuole al capo del Corpo di Polizia Penitenziaria. Nella certezza che quanto fin qui argomentato trovi ampia condivisione da parte di codesto Presidente, si auspica in un prossimo segnale di stima e vicinanza espressa al Corpo di Polizia Penitenziaria.
Utilizziamo i cookie per assicurarti di offrirti la migliore esperienza sul nostro sito web. Se continui ad utilizzare questo sito noi assumiamo che tu ne sia felice.Ok
Intervento del Presidente della Repubblica in occasione degli auguri di fine anno con i Rappresentanti delle Istituzioni, Forze Politiche e Società Civile
Esimio Presidente, Abbiamo ascoltato con estrema attenzione la sagge parole che, come di consueto, codesto Presidente ha rivolto all’alto auditorio in occasione degli auguri di fine anno con i Rappresentanti delle Istituzioni, Forze Politiche e Società Civile. La dissertazione sul futuro del nostro Paese e sulla necessità di un lavoro di squadra che miri ad assicurare migliori globali condizioni di vita con il sapiente impiego delle intellighenzie, non può che trovare la condivisione di chi scrive così come anche, nel nostro ruolo di sindacalisti, non si può che condividere la priorità di assicurare, nella centralità del lavoro, ad esso sicurezza. Quella “sicurezza carente” che è al centro del dibattito penitenziario in un ambiente che espone ad un rischio incontrollato (ed ahinoi incontrollabile) gli operatori penitenziari. Basterebbero poche illuminanti parole per descrivere la peculiarità di un lavoro, quello del poliziotto penitenziario, che quotidianamente si rapporta a, e si confronta con, chi lo Stato ritiene di dover temporaneamente allontanare dalla comunità civile. È un lavoro, quello del poliziotto penitenziario, che porta a toccare con mano il disagio sociale seguendo il faro della mission della rieducazione del reo; ma se gli obiettivi sono alti ed ambiziosi, la realtà quotidiana è fatta di una sequela di oltraggi ed aggressioni cui nemmeno il legislatore penale ha ritenuto di conferire specificità. È un lavoro di custodia, sì! Ma è anche un lavoro di prevenzione del crimine, di intercettazione di intenti criminali. È a tutti gli effetti, e a ben ragione, un’attività inserita nel globale sistema messo a punto dallo Stato per (cit.) “debellare la criminalità, contrastare l’illegalità, per prevenire le minacce alla convivenza civile”.
Spiace non poco il fatto che una tale attività venga attribuita, dalla Massima Carica dello Stato, a protagonisti espressamente citati (Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Organismi di informazione per la sicurezza) senza riferimento alcuno al Corpo di Polizia Penitenziaria, che continua in tal modo a vestirsi di quell’immeritato connotato di marginalità o secondarietà, che troppo spesso le si cuce addosso.
Né può ritenersi soddisfatta la doverosità di citazione nell’alveo del più generale richiamo a “tutte le Forze impegnate, insieme alla Magistratura” nelle attività sopra enunciate.
Ciò diviene ancor più significativo se si considera che, fra le fila dell’alto auditorio, v’era la presenza anche del Ministro della Giustizia, che lo Stato vuole al capo del Corpo di Polizia Penitenziaria.
Nella certezza che quanto fin qui argomentato trovi ampia condivisione da parte di codesto Presidente, si auspica in un prossimo segnale di stima e vicinanza espressa al Corpo di Polizia Penitenziaria.
Cerca
Categorie
Ultimi articoli inseriti
Calendario