
RISCHIO COLLASSO SISTEMA PENITENZIARIO
INEVITABILE L’AVVIO DI INIZIATIVE SINDACALI
In data 22 marzo u.s. il Ministro della Giustizia Avv. Paola Severino ha
licenziato un Decreto Ministeriale che ridetermina unilateralmente le dotazioni
organiche regionali degli istituti penitenziari del personale di Polizia
Penitenziaria, statuendo motu proprio anche le piante organiche delle sedi
amministrative centrali c.d. “extra moenia”.
Dopo un’approfondita analisi del provvedimento imposto e annunciato
dall’Amministrazione penitenziaria con grande enfasi, le Segreterie nazionali
delle organizzazioni sindacali OSAPP, SINAPPE, UGL, CISL e CGIL FP ritengono che
il provvedimento assunto determinerà un ulteriore grave peggioramento delle
condizioni lavorative e dei diritti contrattuali del personale appartenente a
qualsiasi ordine e grado del Corpo di Polizia Penitenziaria, e specificatamente di
quello impiegato presso gli istituti penitenziari del Paese.
La “nuova” dotazione organica, che contrariamente a quanto comunicato
dai vertici del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria non è frutto di un
“esame” e men che meno di un lavoro partecipato e condiviso con le
rappresentanze sindacali del personale circa gli oggettivi criteri di individuazione
delle necessità delle articolazioni centrali (benché strategiche per il
funzionamento dell’Amministrazione stessa), non tiene affatto conto delle nuove
strutture penitenziarie e dei servizi attivati dal 2001 ad oggi e si limita solo a
fotografare l’esistente ricalcando i numeri di quella precedente, dando per
assodato che le unità attualmente non presenti o mancanti da molte sedi
penitenziarie – ad oggi circa 8000 – non siano più necessarie.
Analogamente, l’attuale Amministrazione penitenziaria senza aver
proceduto ad una ricognizione dei posti di servizio delle carceri, ha
unilateralmente rideterminato il coefficiente di funzionalità su base regionale
mortificando, oltremodo, il sistema della partecipazione sindacale così violando
palesemente il sistema di regole e prerogative sindacali stabilite dai contratti
nazionali di comparto in vigore, anche in tema di organizzazione del lavoro.
Vieppiù in un momento di totale incertezza per le sorti e il futuro del Paese,
il ruolo della Polizia Penitenziaria viene di fatto ad essere unilateralmente
ridefinito senza tenere in alcuna considerazione gli attuali vincoli imposti dalla
normativa vigente per i compiti dei poliziotti e le responsabilità disciplinari e
penali a cui questi sono comunque soggetti, all’interno di un percorso di
rimodulazione delle tipologie dei circuiti penitenziari adottato con percorsi e
soluzioni che allo stato non possono essere condivise dalle scriventi OO.SS.,
poiché tra l’altro rischiano di compromettere le funzioni assegnate per Legge al
Corpo di Polizia Penitenziaria come, ad esempio, l’osservazione trattamentale
della persona detenuta.
Pertanto le scriventi rappresentanze, in ragione delle argomentazioni
suesposte, sostenendo la causa del personale del Corpo stanco di dover svolgere
inascoltato il proprio lavoro su più posti di servizio con turni di lavoro
gravosissimi e/o di effettuare il servizio di traduzione dei detenuti costantemente
sotto scorta, considerate anche le irresponsabili falle provocate nel sistema di
pagamento delle indennità accessorie (straordinari, missioni, avanzamenti di
qualifica) che ne pregiudicano i trattamenti, preannunciano fin d’ora l’avvio di
iniziative sindacali di lotta e si riservano di convocare quanto prima una
conferenza stampa per esplicitare le incongruenze di un piano complessivo di
intervento che si vuole imporre senza tener conto del sovraffollamento cronico
delle carceri e della predetta carenza d’organico, allo stato superiore alle 8000
unità, anche rispetto alla “fantasiosa” rideterminazione operata con il D.M. di cui
in premessa.
A prescindere dai diversi modelli custodiali paventati e/o imposti
dall’Amministrazione penitenziaria, il predetto D.M. rischia di compromettere
seriamente e in maniera inaccettabile la funzionalità e la sicurezza degli operatori
e delle carceri e, più in generale, quella della collettività.