
“Che il reato di tortura conosca una formulazione quantomeno infelice, lo abbiamo sostenuto sin dalla sua genesi, facendo eco a schiere di illustri studiosi del diritto! Che i suoi effetti fossero stati diromenti ed incontrollati era prevedibile. Che ci si impiegasse molto poco per cucire addosso alla polizia penitenziaria la veste del torturatore era il logico epilogo” – così inizia l’amaro commento del dott. Roberto Santini, Segretario Generale del Si.N.A.P.Pe, all’atto della diffusione della notizia di ben 9 misure cautelari che hanno raggiunto personale di polizia penitenziaria in servizio presso la Casa Circondariale di Firenze Sollicciano con l’accusa del reato di tortura e falso ideologico.
L’applicazione delle misure che spaziano dall’obbligo di dimora agli arresti domiciliari è stata disposta dal GIP del Tribunale di Firenze per fatti risalenti al 2018 e al maggio 2020.
“Lungi dall’ergerci a difensori civici prima ancora di conoscere la verità giudiziaria – prosegue Santini – riteniamo che la vera “tortura” sia quella che subisce il Corpo di Polizia Penitenizaria nel suo insieme attraverso alisonanti e distorcenti messaggi mediatici. Mai (o quasi) campeggiano sulla stampa titoli di salvataggio di vite umane all’interno dei penitenziari, delle gratuite aggressioni subite dal personale da detenuti facinorosi. Si preferisce l’appeal di notizie ad effetto che tendono a fare di tutta l’erba un fascio”.
“Da uomini dello Stato, da uomini di legge – conclude Santini – ci fidaimo cecamente della capacità della magistratura di fare luce sulla vicenda; tuttavia questa è ancora una volta l’occasione per chiedere al legislatore maggiori garanzie per il personale in divisa anche attraverso una attenta revisione del reato di tortura”.