Faccio seguito agli esiti dell’incontro tenutosi presso i suoi Uffici con le Organizzazioni Sindacali in merito alla distribuzione degli organici in Puglia e Basilicata, a seguito del taglio orizzontale che ha ridotto l’organico del distretto a n. 2329 unità, di cui 1580 uomini e 213 donne nel ruolo agenti assistenti. A fronte di una carenza indiscussa nei ruoli intermedi (ispettori e sovrintendenti) , ad oggi il distretto risulta caratterizzato da un sovradimensionamento nel ruolo di base, con il paradosso che la riscrittura delle piante organiche non solo ha azzerato le carenze che con la precedente normativa si erano registrate, ma ha affermato l’esistenza di un esubero di personale in diverse sedi. Una affermazione, di natura meramente aritmetica, che cristallizza un dato sconcertante per chi ha contezza di quanto accade negli istituti pugliesi e lucani. Basta partire dall’analisi delle singole organizzazioni del lavoro – quasi tutte su tre quadranti – per comprendere come le certezze matematiche si trasformino in concetti del tutto opinabili. A ciò si aggiunge il numero di ore di lavoro straordinario utilizzato a prescindere da quello “programmato” e dalle insostenibili modalità di impiego del personale dei Nuclei Traduzione e Piantonamenti. In un distretto in cui v’è esubero (teorico) di personale, il ricorso al lavoro straordinario dovrebbe davvero costituire una parte residuale nella gestione quotidiana; cosa che non accade nel territorio di cui si discute. Senza timore di smentita, si può affermare che il taglio voluto dalla legge Madia, così come poi tradotto nei PCD regionali, non tiene conto di molteplici variabili perché se da un lato si collega ad una rinnovata filosofia di gestione del carcere (tale per cui i posti di servizi vanno rivisti in ragione non delle esigenze operative ma delle unità disponibili), dall’altro sottovaluta le peculiarità strutturali degli istituti, molti dei quali estremamente risalenti nel tempo, ove procedere per “accorpamenti” di posti contigui equivale e ridurre ai minimi termini, se non addirittura azzerare, la sicurezza. Il tutto in un territorio ove il tessuto criminale è particolarmente importante, con tutti i risvolti che questo comporta in termini di tenuta dell’intero sistema.
Ma al di la di tutte le riflessioni di opportunità che codesto Provveditore certamente condivide, quello su cui bisogna agire è il superamento dello scoglio dato dall’inadeguato decreto ministeriale che – allo stato dell’arte – impedirà ogni forma di mobilità nel ruolo di base verso la Puglia e la Basilicata per un periodo considerevole di tempo, nonostante l’immissione in servizio di nuovi agenti.
Al fine di giungere ad miglior risultato possibile, si invita codesto Provveditore ad interloquire con i Superiori Uffici per una modifica urgente del Decreto Ministeriale e comunque per una ridistribuzione delle unità del ruolo di base negli istituti di competenza, vera forza motrice per la gestione dei penitenziari.
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P.R.A.P. BARI – Distretto Puglia e Basilicata – Inadeguatezza pianta organica.
Esimio Provveditore,
Faccio seguito agli esiti dell’incontro tenutosi presso i suoi Uffici con le Organizzazioni Sindacali in merito alla distribuzione degli organici in Puglia e Basilicata, a seguito del taglio orizzontale che ha ridotto l’organico del distretto a n. 2329 unità, di cui 1580 uomini e 213 donne nel ruolo agenti assistenti. A fronte di una carenza indiscussa nei ruoli intermedi (ispettori e sovrintendenti) , ad oggi il distretto risulta caratterizzato da un sovradimensionamento nel ruolo di base, con il paradosso che la riscrittura delle piante organiche non solo ha azzerato le carenze che con la precedente normativa si erano registrate, ma ha affermato l’esistenza di un esubero di personale in diverse sedi. Una affermazione, di natura meramente aritmetica, che cristallizza un dato sconcertante per chi ha contezza di quanto accade negli istituti pugliesi e lucani. Basta partire dall’analisi delle singole organizzazioni del lavoro – quasi tutte su tre quadranti – per comprendere come le certezze matematiche si trasformino in concetti del tutto opinabili. A ciò si aggiunge il numero di ore di lavoro straordinario utilizzato a prescindere da quello “programmato” e dalle insostenibili modalità di impiego del personale dei Nuclei Traduzione e Piantonamenti. In un distretto in cui v’è esubero (teorico) di personale, il ricorso al lavoro straordinario dovrebbe davvero costituire una parte residuale nella gestione quotidiana; cosa che non accade nel territorio di cui si discute. Senza timore di smentita, si può affermare che il taglio voluto dalla legge Madia, così come poi tradotto nei PCD regionali, non tiene conto di molteplici variabili perché se da un lato si collega ad una rinnovata filosofia di gestione del carcere (tale per cui i posti di servizi vanno rivisti in ragione non delle esigenze operative ma delle unità disponibili), dall’altro sottovaluta le peculiarità strutturali degli istituti, molti dei quali estremamente risalenti nel tempo, ove procedere per “accorpamenti” di posti contigui equivale e ridurre ai minimi termini, se non addirittura azzerare, la sicurezza. Il tutto in un territorio ove il tessuto criminale è particolarmente importante, con tutti i risvolti che questo comporta in termini di tenuta dell’intero sistema.
Ma al di la di tutte le riflessioni di opportunità che codesto Provveditore certamente condivide, quello su cui bisogna agire è il superamento dello scoglio dato dall’inadeguato decreto ministeriale che – allo stato dell’arte – impedirà ogni forma di mobilità nel ruolo di base verso la Puglia e la Basilicata per un periodo considerevole di tempo, nonostante l’immissione in servizio di nuovi agenti.
Al fine di giungere ad miglior risultato possibile, si invita codesto Provveditore ad interloquire con i Superiori Uffici per una modifica urgente del Decreto Ministeriale e comunque per una ridistribuzione delle unità del ruolo di base negli istituti di competenza, vera forza motrice per la gestione dei penitenziari.
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